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mercoledì 18 dicembre 2013

Un passo nella storia - Episodio 96

di Roberto Pelucchi

La scorsa settimana La Gazzetta dello Sport ha perso una delle sue giornaliste più preparate, scrupolose e attente all'etica professionale. Enrica Speroni se n'è andata a soli 59 anni, dopo una lunga e coraggiosa battaglia contro la malattia che piano piano le aveva consumato i muscoli, togliendole prima la possibilità di comunicare con la voce e poi quasi del tutto quella di muoversi. Quando nel 1996 Candido Cannavò decise di istituire la pagina della radio e della televisione sulla Gazzetta, affidò proprio a Enrica il progetto, e lei lo fece decollare. E' stata la seconda donna a essere assunta in Gazzetta, dopo Rosanna Marani, ma la prima a diventare caporedattore. Amava la radio, Enrica, e alla radio ha dato sempre ampio spazio sulle pagine che ha coordinato per un decennio. Voglio ricordarla ripubblicando un paio di suoi pezzi dedicati a Tutto il calcio minuto per minuto. Il primo è del marzo 1993: è una intervista ad Alfredo Provenzali all'indomani dell'annuncio-choc sull'acquisto dei diritti del calcio in tv e alla radio da parte di Vittorio Cecchi Gori, poi fortunatamente ricomprati dalla Rai. Il secondo è del maggio 1996, un omaggio a Sandro Ciotti nel giorno della sua ultima radiocronaca. Approfitto dell'occasione per fare a tutti gli amici del sito e ai lettori i miei auguri di buon Natale. 

Da tre giorni il calcio radiofonico Rai ha ricevuto lo sfratto. A fine stagione, salvo imprevisti, ci sarà il passaggio di consegne: non si sa a chi, dipenderà da Cecchi Gori, nuovo titolare dei diritti. Scusi, Provenzali, che effetto le farà entrare domani (oggi, Radio Uno dalle 14.50) nello studio di Tutto il calcio minuto per minuto? "Per ora nessun effetto, aspettiamo l'ultima giornata di campionato. Magari allora avremo tempo per il magone". In questi giorni sulle reti Rai la vicenda (e le polemiche) del contratto calcio stanno tenendo banco. Lei dirà qualcosa in trasmissione? "Credo di no. Io sono dell'idea di fare le cose normalmente. Vede: un cronista non fa tante considerazioni, dà le notizie e basta. La notizia è questa: la Rai ha perso il calcio. Prendo nota". Santo cielo. Davvero tutto questo le è scivolato addosso come acqua fresca? "Sono rimasto un po' choccato, non c'è dubbio. Ma la sensazione peggiore l'ha provata l'ascoltatore. Lui sì, sarà rimasto choccato. E come chi di solito alla domenica pomeriggio va con la famiglia a passeggiare in piazza Duomo e improvvisamente non trova più il duomo. La piazza c'è, il duomo l'hanno portato via". Temeva questa decisione della Lega o è stata una sorpresa? "Una sorpresa in assoluto no, perché quando partecipi a un'asta ci sta tutto. Naturalmente speravo non accadesse, invece è capitato. Come nella schedina: 1 X 2. Può venire qualsiasi risultato". Come giudica la decisione della Rai di non trattare con Cecchi Gori? "Sono aziendalista da 35 anni, stavolta anche i sentimenti collimano con la scelta fatta. Sono completamente d'accordo". Ha cominciato a lavorare per Tutto il calcio nel 1964 e da quattro anni ne è il conduttore. Cosa farà l'anno prossimo: andrà a sintonizzarsi sulla nuova radio che proporrà le partite o la ignorerà? "Spero di non avere il tempo di ascoltare Tutto il calcio perché impegnato in qualche altra cosa. Non penso che noi saremo tutti a spasso. Sport ce ne sono tanti". Oggi (ieri) Tutto il calcio si è collegato per il secondo tempo con 10 minuti di ritardo: prima il Gr, poi la pubblicità, nel frattempo il Milan ha segnato due gol. "Non l'ho sentito, può succedere. Ricordo che anni fa, in occasione di una partita delle coppe europee, una tv, mi pare Montecarlo, per uno spot si collegò quando la Juve era già in vantaggio. Capita". Lei ha conosciuto bene Nicolò Carosio. Fosse vivo, cosa avrebbe detto giovedì sera dopo la decisione della Lega? "Andiamo a farci un whiskaccio, poi ne riparliamo".

Ciao, ciao. Se ne sono andati in tanti ieri e qualcuno ha pianto. Capello, ad esempio, non riusciva proprio a tenerlo fermo il mento mentre, sventolando le rose, abbandonava San Siro. Anche Tassotti ci è parso commosso quando è stato richiamato in panchina e sarebbe stato strano il contrario: un po' di magone è venuto persino a noi nel vedere, a 90° minuto, tutto lo stadio che si alzava in piedi per applaudirlo. E poi Mazzone, Giorgi, Cagni, Boskov, Ciotti. Sì, anche Ciotti ha salutato: Cagliari-Parma, ultima radiocronaca. Fa quasi impressione pensare alla radio (e a Tutto il calcio minuto per minuto in particolare) senza Sandro Ciotti perché per noi, e per tutti gli ascoltatori nati dagli anni Cinquanta in poi, Ciotti esisteva e basta. L'abbiamo trovato sin dalla prima volta che abbiamo acceso la radio. Il suo abbinamento col microfono era qualcosa di automatico: dove c'era l'uno c'era l'altro. Puoi fare il tè senza usare l'acqua? Puoi pensare a un viso senza naso? E per tanti anni: puoi pensare a Ciotti senza Ameri? Da un certo momento in poi, colpa di un abbassamento di voce ai Giochi di Messico '68, lui era diventato unico e inconfondibile. La raucedine, che per un professionista della voce può essere la dannazione, era diventata un fiore all'occhiello, un segno distintivo insieme a quel suo lessico ricercato e per certi versi demodé; "ventilazione inapprezzabile" o "spalti gremiti sino ai limiti della capienza" a chi altri potevi concederli senza sbuffare? D'altra parte a uno che ha scritto "Veronica" (cantata da Enzo Jannacci) molto si può perdonare. Ciotti ha salutato (l'aveva già fatto un paio d'anni fa quando aveva compiuto i 65 anni, ma la parola "pensione" era rimasta un risvolto anagrafico) e stavolta il suo è davvero un congedo. Colto, eclettico (sport, musica, radio, tv), competente, persino rauco: chiaro che la sua assenza non passerà inosservata. Tra l'altro Ciotti, grazie alla pluriennale conduzione della Domenica Sportiva, non è soltanto voce ma anche volto (e camicie dagli enormi colli), e grazie alla sua versalità (per decenni ha raccontato alla radio il Festival di Sanremo) non è soltanto sport ma anche musica. Non sono molti i giornalisti che possono sfogliare una storia professionale ricca come la sua e importante fino a quest'ultima radiocronaca. Anche per questo, nel salutarlo, ci permettiamo di fargli un augurio, forse un po' invadente: speriamo che resista all'assenza della postazione e del microfono, senza cercare surrogati. Non prendertela Sandro (sappiamo che sei un po' permaloso), ma chi per anni ha aspettato dalla tua voce l'annuncio di un gol e si è costruito partite mai viste attraverso le tue parole ha bisogno di ricordi intatti.
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