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venerdì 26 aprile 2013

Dietro al microfono: intervista a Massimiliano Graziani

di Massimo Raibobo Verona
Anche oggi per la nostra rubrica di interviste abbiamo il piacere di ospitare una new-entry della squadra di "Tutto il calcio".
Stiamo parlando di Massimiliano Graziani, che ha accettato di rispondere alle nostre domande.

Esordio a Tutto il Calcio
Era un Lazio – Genoa in posticipo, allo stadio Olimpico. L'idea di raccontare una partita di calcio alla radio mi aveva sempre affascinato. Mi sentivo su di giri e al tempo stesso molto sereno. Sapere che ci sono tante persone all’ascolto è una sensazione elettrizzante, ma la radio è un mezzo di comunicazione molto confidenziale. Non c'è il filtro dell'immagine e quindi c'è un rapporto diretto fra chi parla e chi ascolta. Una dimensione affascinante. L’altro esordio, nella veste di conduttore, l’avevo vissuto con “Domenica Sport” nel giro dei campi, quello che faccio abitualmente prima di passare la linea a Filippo Corsini per l’inizio delle partite. Anche quello è stato un momento emozionante, passando da un campo all’altro a ritmo serrato con le voci degli inviati e gli effetti stadio che ti catapultano direttamente nel clima partita.

La sua carriera in Rai ?
La mia carriera in Rai è stata piuttosto articolata perché ho avuto la possibilità di maturare un'esperienza vasta che comprende sia radio che televisione: conduzione da studio, inviato sui campi per servizi in video e in voce, collegamenti e interviste post partita, inviato come telecronista e radiocronista.. E poi c'è anche l'esperienza, altrettanto impegnativa, di coordinamento del lavoro dei colleghi, perché nel corso del tempo sono arrivati i gradi di Caposervizio con le relative responsabilità redazionali..

Un suo ricordo di Alfredo Provenzali
Il mio ricordo di Alfredo Provenzali è quello di quando ero bambino e ascoltavo alla radio Tutto il calcio minuto per minuto insieme a mio padre. Era un appuntamento irrinunciabile, ovunque noi fossimo. Era una voce calda che planava morbidamente, senza mai perdere l'equilibrio, sulle onde emotive che arrivavano dal campo. Una voce emozionate ma anche rassicurante: sentivi la sigla di “Tutto il calcio”, la nota inconfondibile di Provenzali e pensavi che il mondo era ancora lì al suo posto. Ed è un ricordo indissolubilmente legato a quello di mio padre che se n'è andato, anche lui, tanti anni fa. Spero che Alfredo, da qualche parte, stia facendo una radiocronaca per lui.

Noi siamo dei cacciatori di aneddoti. Avrebbe qualche storia particolare da raccontarci relativamente al suo ruolo di cronista?
Credo che possa essere divertente sapere in quale contesto si ritrova immerso, a volte, il cronista. Ricordo, ad esempio, un Frosinone – Juventus nel campionato di serie B del 2007. Era il primo maggio e il piccolo stadio Matusa, inondato di sole, era letteralmente traboccante, stipato di gente all'inverosimile per l'arrivo dei bianconeri. Impiegammo parecchio tempo per fendere la folla in festa e raggiungere la sommità della tribuna centrale, dove ci avevano sistemato. A me fu dato l'ultimo, angusto, seggiolino disponibile, mentre il collega che mi accompagnava come seconda voce in telecronaca trovò una sistemazione di fortuna distaccata, appollaiato sulle casse che contenevano le attrezzature dei tecnici. E così, durante la cronaca, duettavamo a distanza, lanciandoci occhiate sopra le teste della gente.

Tra i nomi che hanno fatto la storia di Tic e non, a chi si è ispirato nel corso della sua crescita?
non mi sono mai ispirato a nessuno in particolare, ma ho sempre preso qualcosa da tutti. Osservo e ascolto sempre con molta attenzione, e quando noto qualcosa di interessante cerco di capire se posso assimilarla e adattarla alla mia personalità

Lei si è avvicinato al mondo del GR Sport solo nelle ultime stagioni? (Spero di non fare figuracce). Cosa faceva prima? Che mondo è quello della corrispondenza sportiva?
Prima di arrivare nella redazione sportiva del GR imperversavo sul satellite: ero una voce nota per i telespettatori di lingua italiana nel mondo. Per una decina di anni ho raccontato il campionato di calcio di serie A facendo le telecronache in diretta dai campi per Rai International con un bacino potenziale di decine di milioni di telespettatori ogni volta. Quello dell’inviato in genere è un ruolo affascinante perché ti permette di vivere personalmente un'esperienza per poi trasferire le tue sensazioni agli ascoltatori..per raccontare un'emozione credo sia imprescindibile sentirla in prima persona, e nel mondo sportivo l'emozione è qualcosa di immediato e prorompente

Lei conduce di solito la prima parte di Domenica Sport. Preferisce la corrispondenza o la conduzione?
Sono due cose piuttosto diverse ma entrambe affascinanti. Essere inviato per raccontare un evento sportivo, come sostenevo prima, vuol dire trascinare gli altri con se, vuol dire emozionarsi in prima persona per poter “contagiare” chi ti ascolta..Nella conduzione da studio, invece, c'è le soddisfazione più sottile di prendere per mano l'ascoltatore e condurlo da qualche parte con le tue parole..Il sabato mattina conduco “Sportlandia” e in quella sede il concetto trova la sua esaltazione, perché seguo spesso percorsi particolari per legare argomenti, storie e suggestioni sportive di vario genere, a volte perfino con contaminazioni di musica, cinema e letteratura.

Lei è talvolta seconda voce in anticipo/posticipo. Quale preferisce tra il ruolo di prima voce o di seconda voce?
Mi piacciono entrambi. Come telecronista ero esclusivamente prima voce perché il ruolo di commentatore televisivo è completamente diverso da quello di seconda voce radiofonica che mantiene un forte connotato cronachistico anche nel commento. Alla radio non c'è l'immagine ed è comunque necessario raccontare e contestualizzare.. Quando mi capiterà di fare la prima voce radiofonica vi potrò raccontare qualcosa in più.

Sogni per il suo futuro professionale?
Tanti e tutti diversi fra di loro, perché mi piace fare sempre cose nuove. C'è sempre qualche idea che mi stuzzica la fantasia. Il sogno più grande comunque l'ho già realizzato: quello di fare il giornalista, oltretutto parlando di sport per il quale ho sempre avuto una passione fin da bambino.

Qual è al momento la sua soddisfazione professionale (a livello sportivo) più grande?
Ho solo l'imbarazzo della scelta. Ho raccontato in diretta tante partite decisive per lo scudetto: le volate a distanza fra Inter e Juventus e successivamente fra Roma e Inter; l'ultimo campionato vinto dal Milan, due anni fa, in un anticipo del sabato sera all'Olimpico. Però mi torna spesso alla mente la mia prima intervista con Zeman, tanti anni fa. Per me Zeman era una figura mitologica, un profeta del calcio, uno che non dice mai banalità..e soprattutto, uno che dice sempre quello che pensa. Un personaggio decisamente fuori dal comune.. Ero al centro dello stadio Arechi (a quel tempo il Boemo allenava la Salernitana) e stavo preparando il set per l'intervista, circondato da cameraman, tecnico audio, ufficio stampa, accompagnatori e addetti vari della società. Quel giorno faceva un caldo pazzesco. All'improvviso ci siamo girati contro sole e abbiamo visto apparire Zeman nel tunnel che conduce sul campo da gioco. Emergeva lentamente da una nuvola grigia di fumo, con la sigaretta in mano, fasciato in un giubbotto di pelle stile aviatore. Sembrava una scena di “The Blues Brothers”. Fu una bella intervista, anche se l'assistente audio dovette interrompere un paio di volte perché la voce di Zeman era troppo bassa e non si sentiva: “Mister, cortesemente, potrebbe parlare un pochino più forte??”, lui rispondeva affabilmente di si, facendo cenno di assenso con la testa, e poi riprendeva a parlare con lo stesso, identico, tono di prima mentre noi tutti ci guardavamo di sorridendo un po’ sconsolati.

Ha mai seguito altri sport?
Ho seguito moltissimo il calcio, ma non ho mai disdegnato gli altri sport. In particolare mi sono appassionato a tennis e basket e da giornalista mi sono occupato di tutti gli sport negli anni televisivi di Rai International, realizzando interviste e ampi servizi e per il programma “Campioni” e successivamente curando un magazine settimanale dedicato alle discipline sportive extra calcio.

Il lavoro del giornalista è una professione densa di ostacoli per chi si affaccia in questi anni. Cosa si sente di dire a chi sta cominciano una carriera come questa?
Di non lasciarsi scoraggiare, perché un'occasione può sempre arrivare e bisogna andarsela a cercare. E' però importante capire se si hanno le giuste motivazioni, perché è un mestiere che richiede determinazione assoluta e spirito propositivo. E bisogna sacrificare anche un po' di vita personale.

Se le chiedessero di fare il salto in tv?
In realtà, come dicevo prima, la tv l'ho già fatta per tanto tempo e mi sono anche divertito molto. Ora sto facendo crescere la mia esperienza radiofonica e sono molto contento di questo. Credo molto nella radio, un mezzo che consente possibilità espressive infinite. Della radio mi piace molto l'immediatezza: ci sei tu e la tua voce, basta spingere il rosso e parlare.

Cambierebbe qualcosa nella struttura della trasmissione?
Tutto il calcio minuto per minuto è un Totem, una dimensione sacra attorno alla quale si raccoglie il calcio italiano da oltre cinquant'anni. Il suo fascino, malgrado l'overdose di calcio televisivo, è rimasto pressoché inalterato Si può cambiare una trasmissione così? Lascio la risposta a voi..

Il calcio italiano è in crisi? Che futuro vede a livello di club e nazionali?
Il calcio è una passione che continua ad infiammare il nostro paese. Non è in crisi di interesse, anche se sta calando il pubblico negli stadi, ma è senz'altro indietro rispetto ai migliori d'Europa (quando migliori significa soprattutto più ricchi). I risultati nelle coppe degli ultimi anni parlano chiaro. Ed è un gap che sarà difficile colmare senza grandi investimenti finanziari. A livello di Nazionale sono invece molto più fiducioso, perché le varie selezioni mondiali si costruiscono con quello che c'è in casa. E in questo l'Italia mantiene una tradizione e un potenziale tecnico tattico di primissimo livello, basti vedere il secondo posto agli ultimi europei.

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