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venerdì 18 gennaio 2013

Dietro al microfono: intervista a Giuseppe Bisantis

di Massimo Raibobo Verona
L'intervista di questa settimana è veramente avvincente. Abbiamo scelto di porre qualche domanda a Giuseppe Bisantis, una delle voci più celebri di Tutto il calcio. E gli aneddoti che ci ha raccontato sono veramente molto belli, o comunque degni di essere ricordati (... magari con una targa a Poznan)

Domanda di rito: il suo esordio a Tutto il calcio?
Tra radiocronisti e calciatori ci sono diverse analogie. Ho debuttato a Tutto il Calcio per l'indisponibilità di un titolare così come capita a tanti giovani. Poi ho fatto di tutto per conservare il posto e credo di esserci riuscito. Era il settembre del 1998. Da poco più di un anno ero stato assunto come redattore alla sede Rai del Veneto. Allora, dai tanti campi della regione, collaborava per Tutto il Calcio Giovanni Stefani. Domenica 6 era una giornata dedicata alla serie B per gli impegni della Nazionale. C'era da coprire Treviso-Chievo. Stefani, non ricordo il motivo, non era disponibile ma suggerì ad Ezio Luzzi, allora capo degli inviati, di provare il giovane Bisantis. Luzzi nicchiò ma poi acconsentì con la raccomandazione di fare interventi brevissimi. Allora, bei tempi, c'erano tutti i campi collegati e almeno tre restavano fuori dal giro. Venivano chiamati ogni quarto d'ora e potevano intervenire in caso di gol. La partita finì uno a zero per il Treviso grazie ad un gol su calcio di rigore di Alessandro De Poli. Dunque interruzione, rigore in diretta e poco altro. Per me il massimo. Oggi, con la trasmissione forzatamente cambiata, farebbe ridere. Ma quel poco bastò visto che la settimana successiva debuttai in A in Vicenza-Fiorentina con Batistuta in gol dopo neanche un minuto. Insomma, ero stato promosso anche se nessuno me lo aveva detto. Come io non avevo detto a nessuno che seguivo ogni domenica Tutto il Calcio dal lontano 1976.

Un suo personale ricordo di Alfredo Provenzali
La risposta è nella domanda. Un ricordo personale. Proprio per questo preferisco tenerlo per me. Non amo apparire sull'emozione provocata da una persona che non c'e' più. Non l'ho fatto quando Alfredo ci ha lasciati e non lo farò ora. Ogni persona ha pregi e difetti e nessuno fa eccezione. Conta che cosa ci trasmette. Nel bene e nel male.

E' fisicamente difficile reggere una radiocronaca integrale? Quali sono le principali insidie?
Qui torniamo ai paralleli con i calciatori. E' fondamentale allenarsi. Imparare a respirare parlando, a non tenere sempre lo stesso tono, a saper modulare la voce. Ricordo le mie prime integrali durante le quali spesso finivo in debito di ossigeno. Non puoi contare solo sui polmoni per oltre novanta minuti. L'incubo più grande è quello di restare senza voce. La voce per noi è tutto. Purtroppo mi è capitato più di una volta, l'ultima con l'under 21 a settembre. Fai una fatica quadrupla e non riesci a rendere come vorresti. Ma noi, a differenza dei calciatori, non sempre possiamo chiedere il cambio.

Se le chiedessero di cambiare qualcosa nella struttura della trasmissione, avrebbe qualche idea?
Come ho detto prima, è il calcio che cambia e di conseguenza cambia la trasmissione. Purtroppo tutti i campi collegati non ci sono più neanche all'ultima di campionato. Sarebbe bello tornare alla struttura di un tempo con i giovani che partono dai campi minori. Lo abbiamo fatto tutti, non solo io. Entrare nei primi sette campi era un'impresa. I primi tre erano addirittura inarrivabili. Oggi, come sentite tutti, non è più così. In più gli anticipi e i posticipi portano via due voci a partita. Mi piacerebbe risentire in serie B tutti i campi in collegamento ma le forze a disposizione sono queste ed il calcio non tornerà più indietro

Lei in radiocronaca ha "rischiato" anche l'assideramento. Qualche aneddoto che non ha mai raccontato sulla sua esperienza da radiocronista?
Sui meno ventisette di Poznan se ne è parlato tanto. Posso aggiungere che sono rimasto da dicembre a marzo con tre dita della mano destra paralizzate. Pochi sanno però che a Poznan ho un precedente. Un paio d'anni prima andai per Lech Poznan-Udinese di coppa Uefa. Stavano letteralmente rifacendo lo stadio in vista degli Europei del 2012. In pratica c'era solo una tribuna. Chiesi ad uno degli addetti dove fosse la mia postazione e questi mi indicò il lato dove non c'era la tribuna. Restai interdetto. Lui mi accompagnò e mi fece vedere una cabina di lamiera, costruita su di un palo e, in pratica, sospesa nel vuoto. Si saliva con una scaletta stile navi pirata. In più avevo con me tutto il materiale per trasmettere. L'addetto mi disse che era stata allestita appositamente per me e che non poteva entrare nessun altro. Meraviglia delle meraviglie avevano anche approntato un monitor. La cabina si reggeva col vento a favore ma era accessoriata di tutto punto. Inizio la radiocronaca. Integrale, da solo. Credo fosse febbraio ed in Polonia faceva freschetto.....Ad un certo punto sento qualcuno che sale sulla scaletta dei pirati. Era il collega della televisione che mi chiedeva ospitalità. Io impallidì ma continuai a fare la radiocronaca. Ad un tratto la cabina si piegò verso il campo e restò sospesa in avanti. Il collega si dileguò. Io continuai la radiocronaca con le mani impegnate a tenere tutta l'attrezzatura in piedi. La portai a termine ma i più attenti ascoltatori hanno sentito l'affanno nella mia voce. Nessuna poteva capire in che condizioni fossi. Sempre a Poznan! Quando Riccardo Cucchi mi disse che per gli Europei avrei seguito le partite in Ucraina tirai un bel respiro di solievo....

Il suo radiocronista del passato preferito?
Non ce n'è uno in particolare. Io seguivo la magia delle voci e della trasmissione che usciva dalla radio. Ovunque fossi io riuscivo a "vedere" le partite. E sognavo un giorno di poterle guardare su un monitor queste partite. Allora sembrava impossibile. Poi è successo. Sul modello di Tutto il Calcio le televisioni a pagamento seguono in contemporanea tutti i campi. Ebbene, non è la stessa cosa. Si è persa la poesia, la fantasia, l'immediatezza che solo la radio dava e continua a dare. Quando la domenica pomeriggio non sono impegnato sui campi metto questi programmi, tolgo l'audio e ascolto la radio. E mi trovo spesso a seguire le parole e non guardare le immagini. E' questo l'insegnamento che ci hanno dato i matesri del passato. Ognuno con i suoi pregi ed i suoi difetti.

Se le chiedessero di passare alla tv?
Ho fatto televisione quando lavoravo alla sede Regionale. E' un approccio totalmente diverso. Poi, lo sport raccontato alla radio ha un fascino senza eguali. Non sei schiavo dell'immagine e puoi personalizzare maggiormente il tuo lavoro. No, sto bene alla radio e credo che ci resterò fino alla pensione.

Quali devono essere le caratteristiche principali di una seconda voce, visto che spesso lei è affiancato da qualche collega?
Gli ascoltatori più attenti ricordano che io ha fatto per tanti anni la seconda voce. Iniziando dalla Tribuna Stampa fino al Bordocampo. Purtroppo, da qualche anno, per una questione legata ai diritti del campionato, non abbiamo più la possibilità di inviare un collega a bordo campo. Riccardo Cucchi ha però voluto mantenere la seconda voce, cosa che in passato non sempre accadeva. E' chiaro che dal campo o in potazione cambia tantissimo. Io, in campo, cercavo di far vedere quello che avrebbe fatto vedere una telecamera sistemata tra le due panchine. Insomma, quello che a casa non si vede. Curiosità, indicazioni dalle panchina, condizioni ambientali. Mai l'aspetto tecnico. Per quello c'e' già la prima voce. In postazione questa seconda telecamera è meno efficace e, spesso, ascoltiamo pareri tecnici. Siccome noi siamo cronisti, e non esperti come possono essere ex tecnici o calciatori, vorrei che si privilegiasse la cronaca, da un altro punto di vista. Non ripetere le cose dette e soprattutto non dire mai "sono perfettamente d'accordo con te". Agli ascoltatori potrebbe dar fastidio e sono loro che devono essere privilegiati. Se il collega vede una cosa che io non ho visto o sottolinea una mia imprecisione, io non mi offendo, anzi! Se si riesce a dare qualcosa di più e un 'informazione il più possibile completa ci guadagnamo tutti.

Lei è la voce dell' under 21. Questa è la stagione in cui la crisi ha obbligato a puntare sui giovani! Che prespettive ha la nostra nazionale minore in vista dei prossimi europei?
Intanto voglio dire che seguire la nazionale under 21 dà molte soddisfazioni. Riesci a vedere la crescita dei giocatori, la maturazione, e a volte ti stupisci di come quel ragazzino timido e impacciato sia diventato un divo da copertina. Quasi tutti i titolari dell'attuale Nazionale Maggiore li ho visti debuttare in under 21. Oggi abbiamo un bel materiale umano a disposizione. Devis Mangia ha un'ampia possibilità di scelta anche se il confine tra le due Nazionali è sempre più labile e sono frequenti i passaggi dall'Under alla maggiore. Non partiamo favoriti in Israele. In amichevole la Spagna ci ha fatto vedere di essere di un altro livello. Ma in un torneo concentrato come quello che vivremo a giugno tanti fattori possono incidere. In positivo ed in negativo. Per ora, in me, prevale un certo ottimismo.

Il nostro calcio fatica in Europa. Quali sono le cause e c'è un antidoto perchè la tendenza al declino cambi?
Da anni ormai i nostri club sono un gradino più sotto rispetto a quelli spagnoli e a quelli inglesi. Poi capita anche di vincere contro questi avversari ma l'impostazione del nostro calcio rispetto agli altri fa sì che partiamo sempre sfavoriti. La questione economica, gli stadi, il dipendere quasi esclusivamente dalle televisioni a pagamento. Tutto questo rende il nostro pallone meno gradito di una volta ai giocatori migliori. I giovani, come detto, hanno maggiori possibilità ma costruire una macchina perfetta come il Barcellona sembra quesi impossibile. Comunque a febbraio ripartiamo con cinque squadre ancora in corsa. Non è poi così male.

Ha qualche ricordo particolare del primo campionato in serie A del Chievo (2001-2002) ? Io ricordo benissimo che Lei fece la cronaca di Chievo-Milan (gol di Inzaghi e Moro), forse la prima in cui le sia toccato commentare i “mussi volanti” contro una delle cosiddette “grandi”. C’è qualche aneddoto particolare di quella memorabile stagione ? 
Ma io del Chievo ho ricordi che vanno ben al di là del primo anno di serie A. In pratica, ad alti livelli, questa squadra l'ho vista nascere. Lavoravo in Veneto e dunque la seguivo con particolare attenzione. Ricordo partite al Bentegodi con meno di cinquecento persone allo stadio e ricordo, nei primi anni delle televisioni a pagamento, che un loro producer mi disse che, visto il numero degli abbonati che si contava sulle dita di due mani, sarebbe stato più conveniente andare a casa loro, prenderli, portarli allo stadio e offrirgli pure il pranzo. Poi, grazie a quella squadr, le cose sono cambiate ed il Chievo è ora una delle realtà del nostro calcio. Non è la mia squadra del cuore ma, visti tutti questi motivi, non nascondo di avere una certa simpatia per i gialloblù.

Lei è partito dalla redazione regionale del Veneto (e ricordo ancora quando più di qualche volta Le toccava condurre il TG delle 19.35). Fra gli attuali colleghi “regionali” (la cui importanza per le nostre trasmissioni preferite è davvero enorme) quale è, secondo Lei, quello più attrezzato per un eventuale futuro passaggio alla Redazione Sportiva, come già capitato a Lei ?
No, nomi non ne faccio anche perché poi ci devo lavorare e non è bello avere al fianco musi lunghi. Diciamo che ognuno ha particolari caratteristiche e una diversa impostazione professionale. Giusto così. Quanto all'eventuale trasferimento io posso solo dire che quando Marco Martegani mi offrì questa opportunità non ci pensai due volte. Era il sogno della mia vita che si realizzava. Diciamo pure che ero più giovane, non avevo famiglia e quindi la scelta è stata più facile. Ma, pensandoci bene, la rifarei anche oggi, anche domani o dopodomani...

Il Veneto ha "allevato" campioni come Del Piero e El Shaarawy! E' florido secondo lei il panorama giovanile di questa regione? E perchè secondo lei non ci sono squadre che arrivano ai piani alti del campionato?
Ecco, questa è una domanda che mi faccio spesso pure io. Il Veneto ha tutto per far crescere lo sport sia individuale sia di squadra. Strutture, aziende sane, passione per lo sport. Ma i grandi risultati sono stati frutto di exploit difficilmente ripetibili vedi il Verona di Bagnoli o il Vicenza in più riprese e, in misura minore, il Chievo. Forse manca la grande industria che in Italia è concentrata a nord ovest, forse manca la realtà metropolitana. Anni fa si parlava di un possibile ingresso nel calcio della famiglia Benetton, vincente in basket, pallavolo e rugby per lunghi anni. Non se ne fece nulla. Forse davvero, in Italia, il calcio è un gioco per grandi piazze.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Forse neppure lo stesso Bisantis sa che anche la sua designazione per Vicenza-Fiorentina 1998 è stata imprevista: un giornale locale dell'epoca aveva preannunciato come radiocronista Maurizio Busato.
Per quanto riguarda Giovanni Stefani, da settembre 1998 fino a gennaio 2000 è stato corrsipondente per il Veneto di 90° minuto.

Anonimo ha detto...

"vorrei si privilegiasse la cronaca". Anche chi ascolta vorrebbe che lei privilegiasse la cronaca, a tante, spesso, chiacchiere...

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